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I manoscritti

I codici dell’Alto Medioevo

Nell’Alto Medioevo, lo scriptorium cassinese si distinse per la sua intensa attività culturale, caratterizzata soprattutto dalla raccolta e dalla trascrizione di testi sacri e classici. Gli esempi librari più importanti di quest’epoca sono la miscellanea grammaticale Par. lat. 7530, il Cassiodoro Bamberg. Misc. Patr. 61 o l’Isidoro Cava 2, conservati al di fuori di Montecassino. Nel corso del IX secolo, fino alla distruzione saracena dell’anno 883 e al successivo trasferimento dei monaci prima a Teano e poi a Capua, sopravvivono codici di contenuto e uso scolastico e poche testimonianze miniate di livello elevatissimo, fra cui il Casin. 3 (una miscellanea astronomica) e il Casin. 97 (una raccolta di trattati medici). A Capua, durante l’esilio, è prodotto, inoltre, il codice monumentale della Regola, il Casin. 175, che la miniatura di dedica, in cui compare l’abate Giovanni I, consente di datare fra il 915 e il 934. Si tratta della prima di una serie di analoghe scene di dedica riprese in codici di età successiva (Casin. 73, Casin. 99 e Vat. lat. 1202).

Età teobaldiana 

All’età teobaldiana appartengono due fra i monumenti assoluti dell’arte libraria cassinese: i Moralia di Gregorio Magno (Casin. 73) e il De rerum naturis di Rabano Mauro (Casin. 132). Quest’ultimo codice è decorato da oltre 300 miniature che costruiscono un grandioso commento figurato del mondo medievale, in cui si mescolano storia sacra e storia umana, piante, animali, natura dell’anima e del corpo, fenomeni atmosferici e computo del tempo, vita di città e di campagna, mostri e meraviglie, oggetti quotidiani e lavoro, ciclo della vita fra nascita e morte.

Età desideriana 

La biblioteca dell’epoca di Desiderio era ricca dei libri da lui promossi, di altri anteriori e di doni provenienti dall’esterno. Alla Montecassino desideriana dobbiamo la conservazione di alcuni fra i più noti testi antichi e medievali, al centro di un preciso progetto di renovatio librorum, e soprattutto l’allestimento di codici di lusso, dall’abate destinati al corredo liturgico della basilica, come il lezionario ora Vat. lat. 1202, gli omiliari Casin. 98 e 99, gli Exultet Vat. lat. 3784, BL, Add. Ms 30337, Barb. Lat. 592.

I codici in carolina

Tra la fine del secolo XI e la prima decade del XII la carolina si trova o utilizzata sempre in compresenza con la beneventana o per la scrittura del testo in codici di bassa qualità o per le annotazioni marginali. Dalla quarta decade del secolo XII, invece, troviamo i primi codici interamente scritti in carolina, come i Casin. 257 e 361, due codici di piccole dimensioni ritenuti parzialmente autografi di Pietro Diacono, personalità dai poliedrici interessi e dalla vasta erudizione, che, entrato a Montecassino all’età di cinque anni, presumibilmente imparò a scrivere utilizzando in carolina proprio presso lo scriptorium, in cui, dunque, diversi modelli grafici coesistevano fianco a fianco. Tutti i manoscritti in carolina del XII secolo presentano una decorazione di tipo cassinese, che riprende forme canonizzate in età desideriana soprattutto per quanto riguarda le lettere iniziali, in cui predominano le tipologie nastriformi, costituite da fettucce multicolori su fondo oro e completate da racemi policromi, e quelle a tralcio dorato, in cui le lettere sono costituite da racemi d’oro su fondo rosso, porpora o blu. Dopo la metà del secolo XII i manoscritti in carolina, o in scritture di base carolina (espressione, questa, con cui ci si riferisce a quel vasto panorama grafico che dalle forme proprie della carolina evolve verso la textualis), con decorazione cassinese aumenta sensibilmente: ne sono esempio, oltre a numerose Bibbie glossate, non tutte però prodotte in loco, il Casin. 264, un Esodo con glossa ordinaria, e il Casin. 557, una Bibbia completa, entrambi dovuti in parte alla mano di uno stesso scriba, Ferro, che opera a Montecassino durante l’abbaziato di Teodino, tra il 1166 ed il 1167. Entrambi i codici rappresentano una novità per Montecassino, soprattutto la Bibbia di Ferro che, con le sue dimensioni contenute e il modulo ridotto della scrittura, si configura come un codice per lo studio personale ben diverso dalle Bibbie beneventane destinate alla lettura pubblica, o dai libri liturgici di apparato, per i quali si continua ad usare la scrittura beneventana almeno per tutto il XII secolo. Per quanto riguarda la decorazione, nel Casin. 557, accanto alle iniziali cassinesi, in numero maggiore, fanno una dello loro prime apparizioni, in questo scriptorium, le iniziali filigranate, che, invece, saranno prevalenti in un’altra Bibbia completa prodotta a Montecassino questa volta nel XIII secolo, il Casin. 35.

I modelli gotici e la textualis

Nel corso del secolo XIII penetrarono a Montecassino, nelle tipologie ornamentali, i modelli gotici d’importazione francese: Casin. 440, che contiene il Commento alla Regola di Bernardo Aiglerio; Casin. 246 e Casin. 254, due Bibbie glossate e con essi si affermano quelle minuscole di transizione che evolvono verso le forme proprie della textualis. Tra la metà del secolo XIII e gli inizi del XIV arrivano a Montecassino anche alcune Bibbie complete di origini francesi, come i Casin. 508, 509 e 519, anche se non sempre è possibile circoscrivere il momento di ingresso in Abbazia. 

Il Quattrocento 

Durante il Quattrocento l’Abbazia perde manoscritti preziosissimi per opera dei ‘cacciatori di manoscritti’ umanistici quali Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli, come il ben noto codice BPL 118 della Bibliotheek der Rijksuniversiteit di Leida, in beneventana di epoca desideriana, contenente il De natura deorum, il De divinatione ed il De legibus di Cicerone, o alcuni manoscritti ora conservati presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, come il Tacito Apuleio, Laurenziano 68.2, ed il Varrone, Laurenziano 51.10. Altre spoliazioni si hanno con alcuni papi commendatari, come, ad esempio, nel caso del lezionario dell’abate Desiderio (Vat. lat. 1202), che, citato nel catalogo dei manoscritti cassinesi fatto redigere dal papa commendatario Paolo II contenuto nel Vat. lat. 3961, e già presente tra i codici latini della Vaticana sotto Sisto IV, vi sarebbe giunto con altri esemplari cassinesi chiesti proprio da Paolo II.
Lo scriptorium, comunque, non interrompe la sua attività: vengono curate nuove trascrizioni di testi agiografici (Casin. 466), di commentari ai testi biblici (Casin. 131), di estratti dai Moralia di Gregorio Magno (Casin. 118), ma anche prodotti nuovi testi.

I Corali 

Dal XV secolo la storia dello scriptorium di Montecassino, e dell’Abbazia stessa, è ricostruibile attraverso lo studio del fondo libri corali, costituito da settantadue manoscritti databili tra XV e XIX secolo. Il fondo comprende libri per la Messa (graduali e kyriali) e libri per la liturgia delle ore (antifonali, salteri e innari), vergati in scrittura gotica corale, con notazione quadrata su tetragramma. I manoscritti prodotti a Montecassino nel Cinquecento sono ventisette corali e riflettono, nel loro contenuto liturgico e nelle modalità di allestimento, l’annessione dell’Abbazia alla Congregazione di Santa Giustina, avvenuta l’11 novembre 1504, che segna una nuova primavera di spiritualità e di cultura per l’Abbazia. La committenza dei corali è generalmente attribuita all’abate Ignazio Squarcialupi (ottobre 1510 – dicembre 1516; maggio 1520 – dicembre 1521; gennaio 1524 – dicembre 1526); essi furono decorati dai principali maestri miniatori del tempo, quali il Maestro del retablo di Bolea, Giovanni e Francesco Boccardi, Matteo da Terranova e Aloyse da Napoli. Oltre a tali codici, fanno parte del fondo ventiquattro manoscritti provenienti dal monastero dei SS. Severino e Sossio, giunti a seguito della soppressione del monastero napoletano nel 1798; altri cinque manoscritti giunti dal monastero S. Pietro di Modena nel marzo 1897, e altri tre manoscritti di diversa provenienza. La restante parte del fondo è costituita da quaranta codici, perlopiù allestiti tra il XVI e il XIX secolo a o per Montecassino.

Attualmente il fondo cassinese comprende 1200 codici (medievali e moderni) e un cospicuo nucleo di frammenti. La collezione manoscritta riflette la fisionomia della biblioteca medievale: codici acquisiti in epoca moderna e volumi realizzati direttamente in loco. Punti di accesso primario alla raccolta sono il catalogo di Mauro Inguanez del XX secolo, nel quale sono registrate, però, solo le prime 600 segnature e l’inventario inedito del XVIII secolo, che termina al numero 8744.